Unità operative

Unità Operativa 1: Perugia

L'U.O. di Perugia farà riferimento alla migrazione romena ortodossa insediata in Umbria e alla migrazione cinese, prevalentemente buddista insediata nel distretto tessile di Prato. Entrambe tendono a stabilizzarsi anche sulla base di un forte nesso tra pratiche religiose e ruolo delle famiglie. Gli immigrati cinesi di Prato, si dichiarano per lo più buddhisti ma non in modo esclusivo. Infatti adottano anche uno stile di vita ispirato al confucianesimo e varie pratiche daoiste o religiose locali officiate da medium, divinatori ed esorcisti. La famiglia transnazionale assume un ruolo religioso importante. I familiari in Cina, a cui spesso vengono affidati nei primi anni i bambini nati in Italia, garantiscono il contatto con i templi locali per celebrare i riti per i defunti mentre i familiari in Italia contribuiscono con le rimesse a renderli possibili. La ricerca verrà svolta anche all' interno dell'importante tempio buddista di Prato, gestito da laici con funzioni non solo religiose ma più in generale di aggregazione e formazione. In Umbria, tra le regioni italiane con la più alta percentuale di immigrati, la comunità romena a prevalenza ortodossa è quella più numerosa, impiegata soprattutto nei servizi alla persona e nell'edilizia. Essa si organizza per le celebrazioni settimanali, le feste e i riti intorno a cinque chiese originariamente cattoliche, cedute agli ortodossi all' interno di varie forme di dialogo interreligioso e collaborazione. Nonostante la frequenza di matrimoni misti con italiani cattolici, i numerosi battesimi celebrati nelle chiese e i molti giovani di seconde generazioni nelle scuole testimoniano di una migrazione che tende a stabilizzarsi con la formazione di giovani famiglie a cui i preti ortodossi non garantiscono solo servizi religiosi ma anche sostegno e aiuto di vario tipo, nella ricerca di un lavoro e nella rappresentanza rispetto alle autorità locali.


Unità Operativa 2: Bologna

L' U.O. di Bologna affronterà invece la questione delle appartenenze dei migranti cattolici e di quelli che si avvicinano al cattolicesimo a seguito della migrazione, con una particolare attenzione ai migranti albanesi e brasiliani in due aree italiane. Nell'area che va dalla città di Mantova,in particolare, fino al basso lago di Garda ci si soffermerà sui numerose gruppi di brasiliani cattolici, che lavorano in diversi settori: culturali ricreativi (scuola di capoeira) dell'edilizia e dei servizi. Si tratta di una migrazione iniziata negli anni Novanta, in parte come migrazione di ritorno, in parte sulla scorta dei legami tra la chiesa mantovana e missionari e sacerdoti insediati in diverse regioni del Brasile, connotati dall'esperienza della teologia della liberazione. Saranno esaminate da un lato differenti forme di esperienza del cattolicesimo (es: relativamente alla morale sessuale) e dall'altro l'influenza sulla stessa pratica religiosa dei flussi migratori e dei rapporti transnazionali tra religiosi. Un luogo privilegiato dell'osservazione sarà la “famiglia” religioso monastica di Villaregia comunità mista maschile e femminile diffusa nel mondo, che comprende anche laici sposati. Essa consentirà di interrogare la categoria di famiglia attraverso quella emica di “famiglia monastica”, dall'altro di verificare i rapporti dei missionari brasiliani al suo interno e con la società esterna più ampia laica e religiosa. Inoltre l'U.O. di Bologna analizzerà anche nella città di Altamura il rapporto tra immigrati albanesi insediatisi ormai dagli anni ‘90, prevalentemente di religione musulmana o ortodossa al momento dell'immigrazione e il cattolicesimo verso cui si orientano in forme diverse in seguito all'insediamento in Italia. I numerosi matrimoni misti italo-albanesi, i rapporti di comparatico tra famiglie albanesi e italiane.


Unità Operativa 3: Siena

L' U.O. di Siena analizzerà invece due diversi gruppi di immigrati mussulmani: quelli di nazionalità bangladesh a Roma e quelli provenienti dall'area del Maghreb in Toscana. In entrambi i casi la famiglia e le relazioni tra i sessi sono ambiti di tensione rispetto alla appartenenza religiosa. I migranti bangladesi rivendicano la loro declinazione nazionale della fede, opponendosi alla stereotipizzazione "arabizzante" in Italia molto diffusa e negoziando con i modelli dell'Islam transnazionale che propone un modello globale di appartenenza religiosa caratterizzato dal "recupero" di pratiche culturali locali (es: l'uso del velo). Soprattutto nella famiglia prendono forma le tensioni tra queste diverse configurazioni identitarie, dalle scelte alimentari al vestiario, nella dialettica tra sessi e generazioni. Alcune di queste tensioni saranno analizzate anche tra gli immigrati maghrebini nell' area tra Siena e Grosseto dove esiste una immigrazione storica nelle aree rurali originariamente orientata verso l'agricoltura. In particolare sarà analizzato il rapporto delle seconde generazioni con la società d'accoglienza, in riferimento a forme di incorporazione parziale di pratiche e culture di genere locali, che convive con il rifiuto dell'assimilazione e con il mantenimento delle relazioni attraverso network tecnologici con la parentela dei paesi d'origine.